Immagini da NYC 4° parte
Ti chiamerò Elisabeth, perché è il mio nome inglese preferito, il tuo sorriso luminoso mi ha attirato come un faro, come la luce di profonda felicità che noto nei tuoi occhi.
Sei così bella, una ragazza di poco più di vent’anni, grandi occhi scuri e capelli neri, la vita che stai godendo, traspare da ogni singolo pixel della fotografia.
Cosa stavi facendo in quel momento, mi chiedo?
Sicuramente eri appena arrivata alla tua scrivania bianca, luminosa come te.
Il computer ecco, lo hai appena acceso, apri la posta elettronica e piccoli bip in sequenza annunciano tutte le mail in arrivo.
Una piantina verde, con piccoli fiori azzurri alla tua sinistra, un dono di tua sorella, per il tuo compleanno appena passato.
E quella foto al centro, scattata al mare durante l’estate appena trascorsa, sei insieme a Ross, il tuo ragazzo.
Sorridi anche li, perché il vento ti scompiglia i capelli… e non riesci a rimanere immobile, proprio non ce la fai!
Ti siedi e giri appena la testa verso le grandi finestre che hai di fronte e non capisci perché, all’improvviso una sagoma scura e enorme sembra ti stia piombando addosso dall’esterno.
Io ti immagino esattamente così in quel momento, con un’espressione di stupore dipinta in volto…
Poi, guardo in basso e al lato della tua foto noto una boccetta di profumo, un classico di Givenchy “Amarige”.
Il pensiero va alla mano amorosa, che ha posato quella foto e quel profumo sulla parete, e le lacrime che ho trattenuto a stento per quasi un’ora cominciano a scendere, nessun suono le accompagna.
Tua madre o tuo padre insieme, hanno unito l'immagine al tuo profumo, che per sempre ricorderà a loro e anche a noi, l’essenza di te.
Mi siedo perché questa visita, mi sta costando molto in emozione e sofferenza, perché in ogni angolo sento il dolore di chi ha costruito tutto quello che mi circonda e anche l’orgoglio, perché per questa nazione ognuno di quei volti, rappresenta una vittima e allo stesso tempo un eroe.
Mi sposto e sulla sinistra in fondo alla parete, dopo lo schermo su cui incessantemente per ore appaiono scritti con un led, i nomi di tutti, ci sono alcuni disegni di bambini.
Uno soprattutto mi cattura, sono due torri di uguale altezza, formate da tantissimi cuoricini rossi che piano piano si staccano e vanno verso il cielo.
La moglie di una delle vittime ha detto: “Cerchiamo di dire spesso alle persone che amiamo quanto le amiamo, perché non possiamo sapere se il giorno dopo faremo in tempo a pronunciarle nuovamente, quelle parole.”
Può sembrare tremendo e triste ma è un grande insegnamento e io sorrido perché quest’anno più di ogni altro, io non posso dimenticare.
Perché la violenza pura, venuta dall’ignoranza non deve prendere il sopravvento, MAI!
Io stasera e domani e dopo abbraccerò tutti quelli che amo e farò sentire loro che ci sono…
E ci saranno sorrisi per tutti…
Poi, Domenica 11 settembre 2011, esattamente 10 anni dopo, andrò fuori città sperando nel bel tempo, per respirare aria e vita.
E voi?
Vi abbraccio tutti.